Presso Palazzo Strozzi più precisamente negli spazi della Strozzina fino al 21 gennaio 2018 è presente Utopie Radicali. Oltre l’architettura

Utopie Radicali. Oltre l’architettura: Firenze 1966-1976 presenta per la prima volta insieme tutti gli architetti radicali di Firenze, a mezzo secolo di distanza dalla loro nascita e diffusione tra 1966 e 1976. Questa generazione di artisti, inizialmente studenti legati principalmente alla facoltà di Architettura di Firenze, è la prima in Italia a portare avanti una nuova visione della disciplina architettonica, alla ricerca di un inedito connubio tra l’utopia architettonica e la ricerca basata sulle tecnologie più avanzate. In diverse occasioni l’attività espositiva di Palazzo Strozzi ha toccato il tema della Firenze del dopoguerra, un periodo in cui la nostra città era culturalmente vivacissima e contraddittoria. Nella mostra del 2016 su La grande arte dei Guggenheim, abbiamo visto come in Strozzina, nel 1949, venne presentata quasi in anteprima per l’Italia la collezione di Peggy Guggenheim, e come questa venne accolta con perplessità e ironia dalla gran parte dei fiorentini. Con la stessa circospezione, negli anni Settanta, il mondo culturale locale guardò all’esperienza di art/tapes/22, l’innovativo centro di video arte che portò in città molti artisti di calibro internazionale, tra cui il giovanissimo Bill Viola, come abbiamo raccontato nell’appena conclusa mostra Bill Viola.

Queste due recenti esposizioni di Strozzi hanno rappresentato un ottimo preambolo per calarsi nell’atmosfera rievocata da Utopie Radicali. Il movimento dell’architettura radicale nasce nella Facoltà fiorentina in quel 1966 segnato in città dal disastro dell’alluvione, da cui si è ripartiti per una riconsiderazione degli spazi urbani, e ha incontrato le provocazioni e il fermento del Sessantotto. In quelle aule, straordinario laboratorio ideale, è maturata una tendenza che, non solo in Europa, aveva già manifestato la necessità di un ripensamento della disciplina architettonica, che venne riformulata dando origine a un’architettura “spontanea” anche attraverso ironici happening che volevano, anche politicamente, riappropriarsi degli spazi pubblici. Il pensiero critico dell’utopia radicale non è stato fenomeno locale, essendosi disseminato in ambito internazionale e diventando promotore dell’abbattimento delle frontiere disciplinari grazie a connessioni tra arti visive, musica e letteratura. Il movimento si è inoltre sviluppato in maniera spontanea, in un “ordinato disordine”, in una “ribellione pensata”, derivati dalla volontà di cancellare il passato e riformulare il presente.

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